Livarot AOC

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L’origine del formaggio

Con la crosta color arancio e l’odore speziato, il Livarot è, in quanto a gusto, il più potente dei formaggi normanni. Porta il nome del capoluogo in cui era il formaggio più venduto e che ne circoscrive l’area di produzione, i dintorni e il villaggio di Livarot. È riconoscibile dai cinque “falaschi” che lo circondano e che gli consentono di conservare la sua forma durante la stagionatura. In passato in canna e oggi in carta, questi cinque giri di fasce gli sono valsi il soprannome di colonnello per analogia alle cinque mostrine dell’ufficiale.

Particolarità

D.O.C. dal 1975
Formaggio a latte crudo, a pasta molle e con crosta lavata.
40% minimo di materia grassa. Cilindrico di circa 600-700 g, con diametro di 12 cm e altezza di 5 cm. Un buon Livarot deve avere le facce piatte e parallele. Sotto una crosta liscia e lucente di un bruno da rosso a scuro, la sua pasta è omogenea, fine ed elastica, giallo oro senza traccia di bianco. A seconda delle dimensioni, il formaggio si chiama Livarot per 12 cm di diametro e 5 cm di spessore; tre quarti di Livarot per 10 cm di diametro; Petit Livarot per 9 cm e un quarto di Livarot per 7 cm.

In cucina

Il Livarot è soprattutto un formaggio da tagliere che si degusta a fine pasto, quando si può apprezzare con vini tannici o fortemente corposi come dei Bordeaux, dei Bourgogne o dei Corbière, o ancora “alla normanna” con una ciotola di sidro. Si degusta preferibilmente da fine primavera fino in inverno. Quando è maturo, la sua pasta pesa sulla lingua e si scioglie nella bocca liberando il suo sapore speziato. Il Livarot non è presente in nessuna ricetta tradizionale. È possibile tuttavia utilizzarlo per preparare gnocchi o tortini di pasta sfoglia.

Come viene prodotto

Per produrre un Livarot di 12 cm occorrono cinque litri di latte. Caso raro in Normandia, la sua produzione tradizionale avveniva in due tempi. Il latte fresco veniva scremato in fattoria, scaldato a 40°, poi cagliato mediante l’aggiunta di presame. Tagliata, malassata e frammentata dopo la scolatura su tela, la cagliata era rimestata a mano e disposta in stampi di 15 cm di diametro e 15 cm di spessore, i cliches. Regolarmente rivoltato e sgocciolato un’ultima volta, era poi portato al mercato per essere venduto a uno stagionatore. Dopo la salatura, il formaggio fresco messo in essiccatoio una decina di giorni veniva portato in una cantina umida. Rivoltato due o tre volte la settimana, strofinato con acqua talvolta leggermente salata, era unto con “annatto”, colorante vegetale che gli conferisce la colorazione arancione. In seguito veniva circondato a spirale con sottili fasce di falasco – vegetazione che cresce in abbondanza nelle paludi e gli stagni della regione – affinché conservasse la sua forma durante la stagionatura che durava tre mesi. Questa tecnica è stato oggi semplificata e le tappe di lavorazione sono state accorciate.
Regolarmente rivoltato e sgocciolato un’ultima volta, era poi portato al mercato per essere venduto a uno stagionatore. Con una stagionatura che supera a malapena i due mesi, le canne di falasco sono state sostituite dalla carta. Per ottemperare alla sua definizione legale, il Livarot è di produzione laitier (produzione semi-industriale). La cagliata è ottenuta mediante aggiunta di caglio e coagulazione rapida.
Il Livarot si consuma a Parigi fin dalla fine del XVII secolo. I cronisti lo battezzano “carne dell’operaio”, perché, con prezzi modici, seduce per l’originalità del suo gusto, nonostante all’epoca fosse un formaggio a base di latte scremato. Gli si attribuirebbero alcune “qualità energetiche”. È in questi termini che Thomas Corneille ne parla nel suo dizionario apparso nel 1708. Nel XIX secolo, diventa il più noto dei formaggi della regione prima di essere superato dal Camembert.
La sua produzione raddoppia tra il 1866 e il 1877. Nel 1877, si contavano 200 stagionatori per una produzione che superava i 4 milioni di formaggi.

Provenienza geografica

Originario della regione di Auge, la sua area di produzione è restata circoscritta ad alcuni paesi attorno al villaggio di Livarot che gli ha dato il nome. In passato formaggio magro, prodotto in fattoria, la Denominazione di Origine Controllata esige oggi l’utilizzo di un latte non pastorizzato e ne delimita rigorosamente l’area di produzione unicamente alla regione di Auge, a cavallo tra il Calvados e l’Orne, principalmente nelle valli della Viette e della Vie.